Al di là di ciò che indica il titolo dato a questa domenica: “Prima dopo il Martirio di San Giovanni il Precursore”, il fatto significativo è quello per il quale possiamo dire che da qui vi è un nuovo inizio. E questo è decisamente importante. Infatti anche i discepoli di Gesù si troveranno davanti a un “martirio”, il suo, e dovranno essi pure ricominciare senza scoraggiamenti o frustrazioni. La vittoria sul male e sulla morte, sul peccato e su ciò che è caduco, non è di questo mondo. Perciò quando ci capita di considerare se il nostro seguire Gesù ci rende vincenti nell’immediato, la risposta è no. No! A noi non è dato di vincere il mondo, se non in Gesù Cristo; per questo non hanno funzionato le crociate, i roghi o le scomuniche (anche se qualcuno è ancora convinto dell’opposto…ma ho paura che si illudano). E allora potrebbe sorgere una domanda importante: a che serve dare credito a Gesù? Penso che la risposta a questa domanda non la si può tanto avere all’inizio del percorso, se non come promessa; una promessa da verificare -per la sua realizzazione- solo alla fine. Durante il cammino -così come i discepoli- il rischio è quello di non capire o di capire male o, peggio, di rinunciare per mancanza di convinzione ed entusiasmo. Il vangelo proposto oggi dalla liturgia segna l’inizio di un cammino, per il quale Gesù non dà molte spiegazioni. Solo dice: “Il Regno di Dio è vicino: convertitevi!”. Che cos’è esattamente questo “Regno di Dio” e cosa voglia dire che “è vicino”, qui non è spiegato, lo si capirà strada facendo. Adesso, ciò che importa è comprendere il “convertirsi”. E convertirsi per ora significa rispondere all’appello di Gesù, che chiama a seguirlo, cioè a stare con Lui e a cogliere il suo stile, la sua mentalità. Nessuna cornice sacra, nessun gesto incantatore, nessuna formula ammiccante: solo una parola che convoca; per altro in un contesto quotidiano, e fatto in un ambiente (la Galilea) periferico e compromesso da tante contaminazioni culturali, sociali e, soprattutto, religiose.

S. Botticelli “La Primavera” (part.) 1482 ca., Firenze D’altra parte, sembra proprio che non ci sia la pretesa di Dio che l’uomo “si elevi”, ma il contrario: un Dio che si fa vicino e vuole che la sua azione di salvezza raggiunga ciascuno! Questo è il vangelo, la buona notizia che da sempre l’umanità attende! Dal primo peccato in poi, infatti la sensazione dell’uomo era quella di aver rotto in maniera irreparabile il suo legame con Dio; e l’alleanza, sì, aveva ricucito, ma lasciando l’idea che in fondo in fondo Dio avesse sempre qualche difficoltà a fidarsi ancora e del tutto della sua creatura preferita (la storia ce lo dimostra). Ecco perché Gesù aggiunge: "Convertitevi". Questa bellissima parola evoca, purtroppo, atteggiamenti talvolta fanatici di disprezzo per il proprio passato, talvolta di disgusto per la propria persona… Convertirsi invece è gesto positivo, è rivolgersi al buon annuncio che ci viene proposto per farlo nostro, è mutamento di pensiero, di mentalità per orientarsi verso Colui che si fa vicino a noi. E prima ancora che una serie di cose che l’uomo deve fare, il richiamo più forte è forse quello di cambiare la nostra idea di Dio -spesso ancora fissa su parametri scorretti-. Ecco perché, allora, è Lui che anzitutto vince le distanze; è Lui a compiere il primo passo ricreando familiarità, come quella che esiste tra padre e figlio. Ovviamente noi non dobbiamo rimanere inerti e impassibili; e ciò che ci è chiesto è di fare altrettanto, cioè a essere noi “evangelo”, uomini e donne capaci di uno sguardo benevolo e benedicente, come quello di Dio. È così che, ancora una volta, anche quelle terre che stavano “attorno al lago” e che prime ascoltarono il lieto annuncio, pur avendo particolari condizioni sfavorevoli, potranno sperimentare una gioia nuova e inaudita. dgc

