E se mettessimo in relazione la santissima Trinità, in quanto famiglia, e le nostre famiglie cristiane? Sarebbe una forzatura? Non penso proprio. Perchè la Trinità a ragione può essere considerata la grande famiglia, in cui Padre, Figlio e Spirito Santo vivono in perfetta comunione d’amore. E l’azione della Santissima Trinità mediante il sacramento del matrimonio rende presente la stessa dinamica di comunione d’amore nella vita delle famiglie cristiane. Nella famiglia cristiana quindi abbiamo una delle più alte manifestazioni della Trinità. Questa idea, inoltre, non sarebbe bizzarra se scorgessimo un’altra relazione tra il mistero divino e la famiglia a partire dal racconto di Genesi (18,1ss.) in cui si parla -in maniera un po’ misteriosa- di tre personaggi; i quali, anche se sono tre, vengono trattati come se fosse uno solo, ricorrendo al singolare da Abramo e da tutta la sua famiglia, che si impegna nel prestare ospitalità. Con quale risultato? La fecondità, la promessa di un figlio, quindi la promessa di un futuro. Che insegnamento può trarne la famiglia? La famiglia vive una vita feconda, ricca di senso, di prospettive, di speranza, nella misura in cui fa spazio nella sua vita al mistero di Dio. Ma S.Paolo (1Cor) porta l’attenzione su una dimensione essenziale e faticosa della vita familiare: il matrimonio è di sua natura il mettersi insieme di due diversità: maschio e femmina: e non sono due diversità da poco! E questa diversità, che corrisponde alla stessa immagine di Dio, cioè a come Lui la vive nella sua vita trinitaria, non è contrapposizione, ma comunione nella reciproca dedizione di amore. E ciò è reso possibile mediante il dono agli uomini di quello stesso Spirito santo, che tiene in relazione d’amore il Padre e il Figlio nella vita trinitaria. Anzi, con il sacramento del matrimonio l’azione di questo dono del Padre e del Figlio, che è lo Spirito santo, ha lo scopo di orientare le diversità verso un’unità, che non è fusione (la fusione comporterebbe la scomparsa della diversità), ma comunione (la comunione non fa scomparire le diversità ma le valorizza, facendole vivere come diversità per, diversità da donare, da offrire all’altro e quindi diversità da riconoscere e da accogliere da parte dell’altro).

“La SS Trinità”, miniatura dalla Bibbia di Heisterbach, 1240 circa Tutti gli sposi non possono che pensare alla loro vita matrimoniale riconoscendo senza dubbio che questa dinamica è fondamentale; faticosa certo, ma anche arricchente. E devono riconoscere anche che lì all’opera c’è stato, c’è lo Spirito di Dio: grazie alla sua regia nasce un incontro fecondo tra le diversità. A pronunciare una parola compiuta su questa relazione d’amore è il vangelo, che attesta il valore sacramentale dell’amarsi reciprocamente degli sposi cristiani: “Se uno mi ama, osserva la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Per il fatto che si amano reciprocamente, gli sposi cristiani si possono dire: “Noi osserviamo il comandamento nuovo, che Gesù ci ha dato e quindi noi insieme stiamo amando davvero il Signore, lo stiamo amando non solo a parole, ma anche nei fatti, perché viviamo così come Lui vuole”. Inoltre, gli sposi cristiani, se si amano reciprocamente possono dire anche: “Noi siamo dimora del Padre e del Figlio; nel nostro amore abita e opera la stessa comunione d’amore che unisce il Padre e il Figlio. Ecco: il nostro amore è sacramento dell’amore di Dio”. …che mistero grande è l’amore in Dio e da Dio! dgc

