Notiziario Settimana GG/mm/AA

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26 ottobre 2025: PRESENZE AFFIDABILI

2025-10-25 17:27

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26 ottobre 2025: PRESENZE AFFIDABILI



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V. Van Gogh “I primi passi” (1889) New York



Chi c’è stato lo sa, che nella terra di Gesù non ci sono grandi e imponenti montagne. Però a volte non c’è bisogno di salire troppo in alto per godere di un grande panorama, bastano modeste altezze per poter essere spettatori di vedute mozzafiato.


Forse fu così quel giorno in cui Gesù, avendo dato appuntamento “sul monte”, disse ai suoi discepoli di “andare in tutto il mondo…”.


Gesù era sicuramente abituato a ben altre altezze; ed è proprio da quelle “altezze” che la sua visuale poteva vantare orizzonti immensi.


 


Quando si rivolse, quel giorno, ai discepoli per inviarli a tutti i popoli, “aveva già dato una sbirciata dall’alto dei cieli”, d’altra parte da lì veniva. Ma soprattutto era già stato osservatore attento e appassionato da quel point of view unico che fu la croce. Da questi punti aveva potuto vedere, dal più piccolo al più grande, i particolari caratteri dell’umanità.


 


Ecco perché la sua premura fu quella di inviare i suoi discepoli, in ogni angolo della terra, per annunciare che Dio non ha scelto di salvare solo alcuni uomini, ma tutti. E che il vangelo non serve solo per poter andare dove è lui, quasi fosse un pass che apre porte di luoghi esclusivi. Il vangelo è anzitutto un buon modo per orientare la propria vita già qui, in questo mondo, e in mezzo a tanti uomini e donne, anche quelli più smarriti e sconsolati, per dire anche a loro che, Lui, Gesù è “con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).


 


È certo questo un annuncio notevole, un annuncio che ci può infondere una fiducia come quella che vive il bambino quando deve affrontare per la prima volta un’esperienza e ha bisogno di una presenza infinitamente affidabile, di un accompagnamento.


Quanto abbiamo bisogno di educarci a sentirci sfiorare da questa presenza!


 


Difatti, l’invito che Gesù fece ai suoi discepoli, non aveva come obiettivo quello di creare un esercito forte e invincibile, che sgominasse ogni avversario. Perché di avversari potenti l’uomo sarà sempre circondato; anzi il dolore e la morte, il peccato e la cattiveria, si stanno dimostrando davvero indomabili; hanno accompagnato l’umanità per tutta la storia e continueranno a farlo fino alla fine. Per questo ancora una volta quelle parole dette ai discepoli non possono che diventarci care: “Io sono con voi”, tutti i giorni, tutti i momenti, in tutte le occasioni in cui la mia presenza potrà fare la differenza e “fino alla fine del mondo”!


 


Pertanto quell’”andate e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19a) non lo possiamo interpretare come invito alla conquista, ma all’impegno nel risvegliare in ciascuno la chiamata alla santità, che non è altro che la sequela che conforma al Cristo.


Ritenere che questo non sia necessario significherebbe trattenersi troppo per sé, “conservarsi”. Ma le conserve, quelle che si fanno (o si facevano) con le verdure e i frutti di stagione, sono quei cibi che si mettono nei vasetti e li si chiude ermeticamente, e li si fa bollire per un certo tempo affinchè nessun agente esterno possa comprometterli -chi ha orecchi per intendere, intenda-.


 


Non credo sia un caso che la prima lettura di questa domenica (At 13,1ss.), tratta dagli Atti degli Apostoli, ci parli della bellezza di una delle prime Comunità cristiane: la Chiesa di Antiochia. Questa Comunità, piena di gente (dalla descrizione) “improbabile”, aveva ricevuto il vangelo a seguito della dispersione dei cristiani perseguitati di Gerusalemme, cioè da uomini e donne comuni, che si misero a parlare e a raccontare di Gesù. E così, quella comunità divenne il segno della potenza di Dio e della universalità della salvezza.


Non è l’esempio di una modalità luminosa su come trasformare un dramma in una occasione, in forza della speranza che ci abita?



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